Sabato della V settimana di Quaresima, Gv 11,45-56 “Che ve ne pare, non verrà alla festa?”

Sabato della V settimana di Quaresima
Gv 11,45-56
“Che ve ne pare, non verrà alla festa?”
Quello di oggi è un brano impressionante per il passaggio che viene raccontato: i sacerdoti e i farisei decretano che Gesù debba morire per il bene del popolo. La sentenza viene emessa al termine di una discussione nella quale le vere motivazioni vengono coperte da giustificazioni per la sorte di tanti. Chiedersi perché le persone credono a Gesù, rimangano colpite dai suoi discorsi, meravigliati dai segni che compie non interessa, la preoccupazione reale, ma non espressa è quella di perdere potere, autorità. Non sono interessati alla verità, ma a conservare la posizione sociale raggiunta. La limpidezza del cuore non è una qualità a buon mercato, stare a contatto con le vere dinamiche che muovono i nostri pensieri, riconoscere quello che ci porta a dire certe parole piuttosto che altre è frutto di un esercizio interiore, del credere che sia la verità a renderci liberi. Se ci abituiamo a manipolare la verità per piegarla alle nostre ragioni invece che accoglierla e ad averne fiducia, rischiamo di essere più dei personaggi che delle persone, di perdere le bellezze più profonde illudendoci di evitare la perdita, ma in realtà rinunciando ai travagli per essere persone migliori. Poi Dio saprà scrivere dritto anche tra le righe storte delle nostre vite, trasformare scelte nefaste in occasioni di crescita, ma avremo le responsabilità di aver generato dolori ingiusti, perso l’opportunità di essene collaboratori consapevoli del bene. Le parole di Caifa durante la discussione diverranno vere in un modo che per lui è imprevedibile e detestato, Gesù sarà il segno della salvezza nonostante i capi lo ritenessero un pericolo.
Quello di oggi è un brano impressionante per il passaggio che viene raccontato: i sacerdoti e i farisei decretano che Gesù debba morire per il bene del popolo. La sentenza viene emessa al termine di una discussione nella quale le vere motivazioni vengono coperte da giustificazioni per la sorte di tanti. Chiedersi perché le persone credono a Gesù, rimangano colpite dai suoi discorsi, meravigliati dai segni che compie non interessa, la preoccupazione reale, ma non espressa è quella di perdere potere, autorità. Non sono interessati alla verità, ma a conservare la posizione sociale raggiunta. La limpidezza del cuore non è una qualità a buon mercato, stare a contatto con le vere dinamiche che muovono i nostri pensieri, riconoscere quello che ci porta a dire certe parole piuttosto che altre è frutto di un esercizio interiore, del credere che sia la verità a renderci liberi. Se ci abituiamo a manipolare la verità per piegarla alle nostre ragioni invece che accoglierla e ad averne fiducia, rischiamo di essere più dei personaggi che delle persone, di perdere le bellezze più profonde illudendoci di evitare la perdita, ma in realtà rinunciando ai travagli per essere persone migliori. Poi Dio saprà scrivere dritto anche tra le righe storte delle nostre vite, trasformare scelte nefaste in occasioni di crescita, ma avremo le responsabilità di aver generato dolori ingiusti, perso l’opportunità di essene collaboratori consapevoli del bene. Le parole di Caifa durante la discussione diverranno vere in un modo che per lui è imprevedibile e detestato, Gesù sarà il segno della salvezza nonostante i capi lo ritenessero un pericolo.