Lunedì della III settimana di Quaresima, Lc 4,24-30 “si mise in cammino”

Lunedì della III settimana di Quaresima
Lc 4,24-30
“si mise in cammino”
Essere fedeli alla verità di sé, a quello a cui si crede, alla propria vocazione e missione, comporta dei prezzi da pagare, degli strappi da compiere, ma che sono necessari per poter vivere realmente quello che si sogna e si stima. Nella sinagoga della sua Nazaret, Gesù cita il versetto della scrittura nel quale si afferma che nessun profeta è bene accetto in patria, probabilmente perché avvertiva che i presenti si aspettavano di assistere a segni prodigiosi in quanto loro compaesano, che i miracoli gli fossero dovuti, in fondo avrebbero potuto fare di Lui un motivo di vanto, di prestigio per la propria città. Rifiutarsi ha comportato deludere i presenti e suscitare la loro rabbia che ha assunto tratti violenti fino a minacciare la vita stessa. Gesù non è sceso a compromessi per accontentare i suoi compaesani, non ha sospeso il suo stile, i suoi criteri con i quali operava. Perseverando su questa linea ha perso l’appoggio dei “suoi”. A volte la fedeltà comporta il rischio di essere espulsi dal gruppo, dal territorio a cui si è legati e di perdere quella protezione che dà l’appartenenza a una società, a uno schieramento. Ti ritrovi solo… Succede ai profeti di ogni epoca di essere contestati, rifiutati dalla gente, a volte persino dalla famiglia, spesso dalla chiesa stessa. Ma Gesù “si mise in cammino” perché se la fedeltà può comportare sofferenze, permette però nuove visioni e nuovi legami, non più basati su aspetti secondari come una bandiera o il luogo di nascita, ma sulla condivisione della ricerca della verità. E le scelte ispirate dalla fede aprono a una fraternità più profonda, ad una libertà sofferta, ma reale.