Sabato della III settimana di Quaresima
Lc 18,9-14
“l’intima presunzione”
Gesù vede attorno a sé alcuni che pensano di essere superiori, che si ritengono migliori di altri e per aiutarli a rendersene conto racconta la parabola dei due uomini al tempio a pregare. Ma perché è discutibile sentirsi migliori di altri? Credo che spesso questa valutazione rivela che siamo dentro a delle logiche di confronto con gli altri, che viviamo una sorta di competizione che inquina il nostro animo e le relazioni. Passiamo da effimeri momenti di esaltazione a facili sconforti. Sembra un retaggio dell’adolescenza quando si cerca la stima di sé e si guarda attorno per conoscersi e accettarsi. Me se in ambiti sportivi la rivalità ha un senso, la competizione nella vita di fede è un segnale di travisamento del messaggio del Signore. È certo che rimane fondamentale il discernimento di quello che sia bene compiere e del male da evitare, ma questa lotta esiste innanzitutto dentro il nostro cuore che è una piazza con tantissime voci che si propongono. Chi cerca di ascoltare e realizzare il bene possibile conosce il caos che lo abita ed è meno incline a facili giudizi sugli altri. Il Padre conosce la debolezza umana e le sue contraddizioni, il suo sguardo non è di condanna, ma di fiducia e di speranza. Il dispiacere che possiamo provare nell’ammettere le nostre fragilità si trasforma in una gioia per il perdono ricevuto e una rinnovata stima che ci è confermata.

Giovedì della III settimana di Quaresima
Lc 11,14-23
“conoscendo le loro intenzioni”
Il brano di oggi racconta un episodio inquietante: Gesù guarisce miracolosamente un uomo da uno spirito muto e i presenti insinuano che vi sia riuscito in quanto capo dei demoni! Sembra un’affermazione sconcertante, una presa di posizione illogica… Spiegabile solo con una forte predisposizione a rifiutare pregiudizialmente la persona di Gesù come Messia oppure per una diffidenza verso ogni novità. Ma se neghiamo la veridicità di un’esperienza alimentiamo durezza e divisione in noi, ci escludiamo dalla possibilità di apprezzare la realtà e poniamo barriere all’incontro con gli altri. A volte sono filtri che impediscano di guardare in modo obiettivo la realtà, dei preconcetti formati in famiglia o nell’ambito culturale dove siamo cresciuti, magari alimentati da interessi da difendere. Di solito apriamo gli occhi quando trascorriamo del tempo con coloro che giudicavamo male, ma ascoltandoli, conoscendoli ci accorgiamo che li comprendiamo e che siamo simili. Altre volte vogliamo controllare la vita e quando ci offre inattesii risvolti lo temiamo, perché ci chiede di affidarci ad aperture che non sappiamo dove ci possano condurre. Chiediamo al Signore il coraggio di riconoscere il bene anche se proviene da persone o situazioni inaspettate, di non arroccarci in difese di preconcetti che ci allontanano dalla realtà e creano barriere nelle relazioni. Paradossalmente anche chi ha commentato negativamente l’intervento miracoloso di Gesù era soggetto a uno spirito afono di gioia. Affidiamoci al Signore che se vogliamo ci indica la strada per guarire dai nostri spiriti muti che ci sottraggono da belle relazioni

Mercoledì della III settimana di Quaresima
Mt 5,17-19
“ma a dare pieno compimento”
Con questa affermazione Gesù chiarisce che non è un rivoluzionario che introduce una prospettiva totalmente nuova prescindendo dalla storia di salvezza, svalutando o disprezzamdo l’impianto di leggi e di sapienza con cui sono cresciute generazioni di credenti, né sostenendo che sia stato travisato totalmente il volto di Dio, ma è certo che vi era sia da recuperare la limpidezza dello spirito dell’ispiraziome della scrittura offuscato da strati di interpretazioni poco illuminate, che portare a pienezza la rivelazione del Padre. Il Signore si ritrova a lottare per conservare il volto amorevole e paterno di Dio difendendolo dall’oppressione del Sabato, dall’idea della malattia come punizione per i peccati, dal mercanteggiare con Dio tramite sacrifici e altri nodi da sciogliere. E lo farà con tutta la sua vita.
È bella l’espressione “portare a compimento” perché evoca la medesima sensazione di incompiutezza che credo avvertiamo tutti sulla nostra vita. Qualunque siano le scelte che abbiamo compiuto rimane un afflato ad andare sempre oltre perché siamo spinti o richiamati da un anelito di pienezza che non ci appartiene, ma che ci inquieta e ci sprona. La fede nel Signore aiuta a dare voce al desiderio di crescere nel bene e a ricevere segni per attuarlo. Non ferma la ricerca di sé, di Dio, non ci porta a pensare di essere a posto, di essere arrivati… Ma stimola cammini fiduciosi nell’imparare a voler bene e a volersi bene.

Martedì della III settimana di Quaresima
Mt 18,21-35
“perdonerete di cuore”
Pietro solleva al Signore il problema di quante volte si deve perdonare al proprio fratello… Grazie nostro compagno di viaggio che pur in termini di regola, poni una questione che probabilmente stavi vivendo con qualche amico! Abbiamo bisogno di essere aiutati a prendere in considerazione il perdono, non è mai un’ipotesi così scontata! Penso che sia un risanamento del cuore paragonabile alla guarigione di una malattia del corpo, una ferita dell’anima e della memoria che termina di sanguinare, un lasciar andare una zavorra che appesantiva un rapporto. Ma non è semplice… È ostacolato da vari fattori alcuni dei quali non dipendono dalla volontà, quando il dolore subito ha superato una certa soglia diventa un’opera che solo Dio può compiere. Vi sono traumi e violenze che hanno bisogno della Grazia per smettere di urlare, di tanta preghiera. Perdonare chiede sempre un nostro passo, almeno quello di desiderarlo e quest’ ultimo è quel filo di aria, di luce che passa da una porta che abbiamo socchiuso e che nel tempo permetterà di essere spalancata. A volte è l’orgoglio che rallenta il perdono, che si oppone sia alla richiesta che all’offerta. Domandare scusa, riconoscere un errore sembrano una debolezza che ci umilia, mentre concederlo è rinunciare a una posizione di credito di ragione. A volte sprechiamo tanto tempo pur di mantenere una posizione di forza nei confronti di qualcuno che ci ha procurato sofferenza.
La parabola che Gesù racconta ci stimola ad andare in profondità perché la tentazione, il primo assillo è quello di farla franca, di non pagare dazio per qualche errore commesso e potremmo accontentarci di questo. Ma avremmo sciupato un’occasione di crescita, saremmo rimasti alla superficie di un terreno che conteneva un tesoro da sfruttare, da investire: imparare dai nostri errori, poter cambiare, crescere nella capacità di mettersi nei panni degli altri, apprezzare l’amore con cui qualcuno ci vuol bene e saper donare tutte queste possibilità a chi avremo da perdonare. Che la Quaresima ci aiuti a recuperare “i perdoni in sospeso” e a crescere grazie a quelli ricevuti.

Lunedì della III settimana di Quaresima
Lc 4,24-30
“si mise in cammino”
Essere fedeli alla verità di sé, a quello a cui si crede, alla propria vocazione e missione, comporta dei prezzi da pagare, degli strappi da compiere, ma che sono necessari per poter vivere realmente quello che si sogna e si stima. Nella sinagoga della sua Nazaret, Gesù cita il versetto della scrittura nel quale si afferma che nessun profeta è bene accetto in patria, probabilmente perché avvertiva che i presenti si aspettavano di assistere a segni prodigiosi in quanto loro compaesano, che i miracoli gli fossero dovuti, in fondo avrebbero potuto fare di Lui un motivo di vanto, di prestigio per la propria città. Rifiutarsi ha comportato deludere i presenti e suscitare la loro rabbia che ha assunto tratti violenti fino a minacciare la vita stessa. Gesù non è sceso a compromessi per accontentare i suoi compaesani, non ha sospeso il suo stile, i suoi criteri con i quali operava. Perseverando su questa linea ha perso l’appoggio dei “suoi”. A volte la fedeltà comporta il rischio di essere espulsi dal gruppo, dal territorio a cui si è legati e di perdere quella protezione che dà l’appartenenza a una società, a uno schieramento. Ti ritrovi solo… Succede ai profeti di ogni epoca di essere contestati, rifiutati dalla gente, a volte persino dalla famiglia, spesso dalla chiesa stessa. Ma Gesù “si mise in cammino” perché se la fedeltà può comportare sofferenze, permette però nuove visioni e nuovi legami, non più basati su aspetti secondari come una bandiera o il luogo di nascita, ma sulla condivisione della ricerca della verità. E le scelte ispirate dalla fede aprono a una fraternità più profonda, ad una libertà sofferta, ma reale.

III domenica di Quaresima
Gv 2,13-25
“Lo zelo per la tua casa mi divorerà”
In questa terza domenica di Quaresima ascoltiamo il brano del vangelo di Giovanni nel quale il Signore scaccia i mercanti e i cambiavalute dal tempio. Gesù agisce con vigore e indignazione, si ribella al commercio dentro l’area della fede, dei luoghi simbolo del rapporto col Padre. Eppure le bancarelle erano parte dell’azione religiosa, fornivano gli animali per i sacrifici che le persone offrivano a Dio e i cambiavalute erano necessari perché nessuna moneta con un’effige di una divinità pagana poteva entrare nel tempio. Erano parte della devozione, della liturgia ebraica. Ma Gesù rifiuta questa logica di scambio, di mercato, non si può pensare che occorrano dei sacrifici per avere l’attenzione di Dio! Ma che padre sarebbe!?? Eppure è una mentalità religiosa che abbiamo, che pratichiamo, spesso offriamo qualcosa per ottenere una grazia, un aiuto. Ma davvero l’amore di Dio lo si ottiene con uno scambio? Dio mi ama solo se gli dono qualcosa? Purtroppo nella vita può accadere che qualcuno si sia sentito amato solo se all’altezza di certe attese, se avesse fornito certe prestazioni. Sentirsi apprezzato solo se porti un bel voto, se vivi secondo certi cliché… Potremmo aver sacrificato parti di noi perché semplicemente insufficienti agli occhi di qualcuno a cui volevamo bene. Ma se l’amore umano può essere viziato da immaturità ed egoismo, quello di Dio no! Ci ama liberamente e col desiderio che si sia pienamente liberi e fratelli e quando lo percepiamo allora desideriamo essere persone migliori. In fondo quello che più conta, che è più prezioso nella vita umana non si può comprare… L’affetto, l’amicizia, l’amore, non si acquistano. Che illuso e che disperato l’uomo che pensa di poter ottenere amore offrendo ricchezza! Allora comprendo l’ardore di Gesù, una fiamma che è accesa non sul bracere del tempio, ma nel suo cuore. Che la Quaresima possa riavvivarla anche in me, in ciascuno, affinché si riducano le inerzie e si riprenda la passione.

Sabato della II settimana di Quaresima
Lc 15,1-3.11-32
“si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”
C’è una luce di speranza che emerge dai discorsi e dalla vita del Signore, un riflesso che attira coloro che si sentono un po’ persi, irregolari, sbagliati. Sanno di essere giudicati male da coloro che sono osservanti e ligi alle norme, sanno che non potranno sedersi alla stessa mensa, che non c’è posto per loro… Chissà che sorpresa quando si accorsero che un rabbì, un maestro, non ha remore a mangiare con loro! Che anch’egli trasgredisce qualche regola, soprattutto quelle che imprigionano gli uomini in schemi: peccatori -santi, giusti-ingiusti, regolari-irregolari e non perché sia superficiale o libertino, ma perché manifesta l’amore del Padre che ama tutti i suoi figli. La grande parabola dei due figli rimane un capolavoro d’ispirazione e di denuncia delle osservanze religiose prive di conversione, di assimilazione all’amore di Dio. Si può vivere nella casa del Padre senza averlo realmente conosciuto, senza assomigliargli nel suo amare. Quante volte ci ha irritato, disturbato questa festa per il figlio minore che ritorna dopo che ha sperperato la sua parte di eredità… Povero fratello maggiore che dopo tutta questa fatica non riceve nulla se non l’essere nella casa del Padre, lavorare, avere amici, stare bene e la stessa libertà di agire…. Ma non fa fratelli, solo un altro figlio di suo padre! Parla come un figlio unico, non c’è posto per un fratello, non esulta per chi è tornato consapevole e dispiaciuto di quello che aveva sbagliato. Sembra lo veda come un rivale in una competizione per chi è più bravo. Ascoltiamo il disturbo che questo brano suscita in noi perché ci aiuterà a comprendere meglio dove siamo ancora fermi, bloccati nel conoscere l’amore con cui Dio Padre ci aspetta, ci guarda e può suscitare in noi fraternità senza antagonismi.

Venerdì della II settimana di Quaresima
Mt 21, 33-43.45-46
“capirono che parlava di loro”
Oggi la liturgia ci offre la parabola dei vignaioli omicidi, uomini che presi dalla bramosia di impossessarsi della terra che gli era stata affittata, arrivano ad uccidere il figlio del proprietario. Una parafrasi di quello che stava accadendo, coloro a cui era stata affidata la cura spirituale del popolo di Dio si atteggiavano da padroni e avrebbero presto rifiutato il Figlio di Dio appendendolo alla croce. Ma il Signore sa che arrivare a toccare le coscienze di chi ascolta non è impresa facile, abbiamo difese molto forti prima di riconoscere i nostri errori, le nostre logiche negative. Le mura che proteggono la necessità di percepirci ineccepibili sono alte, vari strati di cultura, di giustificazioni, di principi, di orgoglio, di carenze personali non affrontate ci ostacolano nell’ammettere la verità. Spesso è solo quando si avvertire il dolore causato a chi si vuol bene che si incrinano questi muri e possono crollare. Gesù parla in parabole per aggirare queste difese, sa che ci è più facile vedere il male negli altri che in noi, siamo veloci nel giudicare le situazioni esterne… Fa meno male! Ma i racconti ci aiutano a immedesimarci e possono trovare il canale per aprirci gli occhi su noi stessi come accaduto agli interlocutori del Signore. Poi rimane a ciascuno il compito di agire cambiando oppure possiamo ulteriormente rifiutare di ammettere la verità. Ma vi è anche una logica divina che si muove nelle trame del mondo e che porta a valorizzare quello che come uomini potremmo scartare… “La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi” . Lasciamoci custodire da questo versetto della scrittura per scoprire qualche tesoro in quegli aspetti della nostra esistenza che invece vorremmo non ci fossero

Giovedì della II settimana di Quaresima
Lc 16,19-31
“ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”
La conclusione della parabola del povero Lazzaro e dell’uomo ricco è un dialogo tra quest’ ultimo e Abramo nel quale il ricco chiede che Lazzaro sia mandato a convertire i suoi fratelli i quali evidentemente erano “disattenti” ai poveri come lo era stato lui. Ma perché vedere un segno simile avrebbe potuto alimentare la carità verso i fratelli? È così evidente? È la paura dell’ inferno che ci rende più capaci di prossimità, di attenzione sincera, gratuita o alimenterebbe una vita magari ligia, ma timorosa, quasi oppressa? Nella parabola Abramo ribadisce che se non si crede alla scrittura neppure se si vedesse un risorto ci si convertirebbe…. Sono parole forti, ma belle! Perché il Padre ci accompagna nella libertà, tramite un ascolto serio della sua Parola di vita, offrendoci la possibilità di autentiche conversioni motivate dalla verità dell’annuncio che risuona in noi grazie allo Spirito. La carità non ha finzioni né secondi fini perché è il modo di Amare di Dio, perché l’amore basta a sé stesso… E noi come figli, in mezzo alle ingarbugliate vicende del nostro cuore, intuiamo la bellezza dei gesti gratuiti di carità pur riconoscendo che tante sono le attese di gratificazione che spesso nutriamo.

Mercoledì della II settimana di Quaresima
Mt 20,17-28
“Che cosa vuoi?”
È la domanda che Gesù pone alla mamma di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, coloro che assistettero con Pietro alla trasfigurazione del Signore. La donna si è presentata per perorare la loro carriera, per sistemarli in posti di preminenza in quello che pareva poter essere un nuovo regno. E questo dialogo avviene dopo che Gesù ha annunciato per la terza volta la.sua passione! Eppure dalla nube sul Tabor la voce disse “ascoltatelo!”. Ma dobbiamo riconoscerlo, non è facile ascoltare…
Quello che Gesù stava proponendo con la sua vita ricca di segni, parole, gesti e incontri aveva un suo fascino per i discepoli, ma saper coglierne le motivazioni e avvertire che indica una strada, un percorso di vita, di fede che mi riguarda e con convinzione aderirvi sono passaggi tutt’altro che scontati e automatici. E in fondo è anche lecito e comprensibile che occorra tempo per un vero cambiamento, per un’adesione convinta. Quante volte abbiamo ribadito ad altri o ci sono state dette le medesime affermazioni prima che fossero comprese! Gesù lo sa e non rimprovera né la madre né i due discepoli, ma coglie l’occasione per rilanciare la priorità del servizio sul desiderio di dominio, del voler bene su quella dell’essere temuti… Ma il cammino della nostra vita sarà continuamente un rielaborare quello che ascoltiamo e che avvertiamo significativo. È importante rimane aperti e desiderosi di verità e di bene. Nutrirsi dell’ascolto della Parola di Dio e praticare la giustizia e la fraternità. Il Signore provvederà a toccare il nostro cuore e a offrirci spunti per convertirci e crescere nel bene.